Il dolore nella persona con demenza
Angelo Bianchetti¹ ², Ermellina Zanetti²
1. Dipartimento di Medicina e Riabilitazione, Istituto Clinico S.Anna, Brescia | 2. Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia
l dolore è una condizione comune fra le persone anziane, molte infatti sono le condizioni associate a dolore persistente che aumentano con l’età. Dal 25 al 50% degli anziani cognitivamente integri che vivono a casa lamenta dolore; tra coloro che sono ricoverati in casa di riposo la prevalenza di dolore è documentata nel 40-80% dei soggetti (Rottemberg Y et al, J Am Med Dir Assoc 2015). Tra questi soggetti una percentuale rilevante, compresa tra il 50 e il 60%, è affetta da decadimento cognitivo, condizione in cui è documentato un maggior rischio di sottotrattamento per il sintomo dolore, principalmente per la difficoltà di valutarne la presenza (Corbett A et al., Br Med Bull. 2014). I soggetti con deficit cognitivo hanno infatti più probabilità di non ricevere un trattamento rispetto a coloro che sono cognitivamente integri (Cravello L et al, L’Arco di Giano 2015). I soggetti con demenza che soffrono di patologia acuta ricevono un trattamento antidolorifico con minore frequenza rispetto a coloro che non hanno deficit cognitivo (Bianchetti A et al, Psicogeriatria 2015). Un aspetto non completamente chiarito riguarda le modificazioni nella percezione del dolore nei soggetti con decadimento cognitivo. Nella demenza di Alzheimer le aree somatico sensitive corticali sono preservate e questo indica la sostanziale integrità della capacità di percepire gli stimoli acuti dolorosi. In questa forma di demenza è stata osservata una compromissione dell’amigdala, dei nuclei intralaminari dell’ippocampo e delle regioni setto-ippocampali e questo potrebbe essere il meccanismo che sta alla base dell’incapacità di integrare il dolore nell’esperienza soggettiva, rendendo meno percepibile lo stimolo doloroso cronico, che è la forma di dolore più ricca di componenti emotive (Rozzini R et al., Medicina della fragilità 2015). Nella demenza vascolare è stato osservato un aumento della soglia dolorosa; anche nella demenza frontotemporale si è evidenziata una netta riduzione della capacità di percezione del dolore (Scherder E et al., BMJ 2005).
DOLORE E DEMENZA
Nelle persone con demenza è maggiore il rischio di insufficiente ed inadeguato trattamento del dolore per scarsa rilevazione dello stesso. Il decadimento cognitivo rende la persona incapace di riconoscere il dolore, di ricordarlo, di quantificarlo, di comunicarne spontaneamente la presenza, che spesso viene invece denunciata da altri segnali come cambiamenti del comportamento, alterazioni neurovegetative, disturbi del sonno e dell’appetito, disturbi motori, vocalizzazioni (Van Dale-Kok AH et al., BMC Geriatr 2015). Sebbene non sia definitivamente chiarito se nelle persone con demenza vi sia una alterazione della percezione del dolore, è evidente che risulta compromesso il processo di elaborazione del dolore, con un coinvolgimento affettivo-emotivo diverso e una limitata capacità di mettere in relazione le sensazioni dolorose con le esperienze passate. Qualunque condizione provoca dolore in un soggetto cognitivamente integro determina dolore allo stesso modo in una persona con demenza moderata-severa, che tuttavia può non essere in grado di esprimerlo in modo compiuto (Frisoni GB et al., Behav Med 1999). È necessario quindi ricercare in modo attento il dolore anche nei soggetti con decadimento cognitivo, soprattutto quando affetti da patologie normalmente causa di dolore; chiunque si prende cura di questi pazienti, caregiver, medici, infermieri, operatori, ha il compito di identificare la presenza di dolore (Zanetti E, Psicogeriatria 2013). I comuni metodi di rilevazione, basati su quanto riferito dalla persona, non possono essere applicati nei soggetti con demenza; sono quindi stati studiati metodi osservazionali e multidimensionali, che misurano parametri fisiologici e del linguaggio del corpo. La valutazione deve essere ripetuta nel tempo: questo permette di riconoscere cambiamenti che possono essere correlati a presenza di dolore, a verificare il successo o l’inadeguatezza della terapia, a riconoscere altri fattori che possono provocare o aggravare i “segni” del dolore: agitazione, ansia, insonnia, depressione. Devono essere ricercati tutti gli indicatori di comportamento tipici: pianto, lamenti, il contorcersi, massaggiarsi, stringere, corrugare la fronte, fare smorfie. Bisogna tenere conto che il tipo e l’intensità della risposta al dolore nei soggetti con demenza può essere diversa rispetto ai soggetti cognitivamente integri: la stipsi, come semplice ma comune esempio, può causare grave disagio nella persona con demenza, con risposte comportamentali intense. Quello che risulta più importante in assoluto è rilevare il cambiamento nelle normali caratteristiche, abitudini, comportamenti: il dolore può determinare aumento di risposte motorie-verbali (vocalizzazioni, wandering, smorfie, irrequietezza, confusione); un comportamento aggressivo, soprattutto se ad insorgenza rapida e non progressiva, può essere determinato, tra altre cause, da un dolore misconosciuto. Al dolore la persona può rispondere anche con una riduzione dell’attività, isolandosi, stando fermo, in silenzio, contratto, oppositivo. Tuttavia, poiché ognuno di questi cambiamenti può associarsi alla normale evoluzione della malattia o a cause diverse dal dolore, è necessario fare un’attenta valutazione per discriminarne la causa (Bianchetti A e Zanetti E, L’Arco di Giano 2016).
LA VALUTAZIONE DEL DOLORE NEL SOGGETTO ANZIANO CON DECADIMENTO COGNITIVO
Nella persona che non ha memoria il più soggettivo dei sintomi torna ad essere un segno, inducendo medici, infermieri e operatori ad individuare e cogliere i segni, che rappresentano l’unico elemento di comunicazione del dolore nell’anziano affetto da demenza. Tutti i pazienti affetti da demenza, indipendentemente dalla gravità, ammessi in una divisione ospedaliera per un problema medico acuto o riacutizzato o per un intervento chirurgico d’urgenza o d’elezione dovrebbero essere valutati in relazione alla presenza e all’intensità del dolore.
La valutazione dovrebbe riguardare i seguenti tre ambiti:
• possibili cause di dolore in relazione all’evento acuto e alla situazione attuale
• modalità abituali con le quali il paziente esprime dolore (informazioni ottenibili dai caregiver)
• interventi utilizzati dai caregiver per gestire il dolore.
In letteratura sono state proposte scale di valutazione finalizzate alla valutazione della presenza e intensità del dolore nei soggetti affetti da decadimento cognitivo che dovrebbero essere comprese tra gli strumenti a disposizione per la valutazione dei pazienti (Zanetti E, Psicogeriatria 2013). La gravità della compromissione cognitiva è determinante per la scelta della strategia e degli strumenti di valutazione. Molti soggetti con decadimento cognitivo lieve-moderato mantengono l’abilità a riferire il dolore ed è quindi corretto dare loro la possibilità di riferirlo attraverso validi e affidabili strumenti di self-report: il gold standard per la valutazione del dolore, in questi soggetti, è “il riferito” del paziente. Gli strumenti di self-report che possono essere utilizzati sono riassunti nella Tabella.
Nei pazienti con decadimento cognitivo più grave, per i quali gli strumenti di valutazione di self-report sono scarsamente applicabili, la valutazione della presenza e delle possibili cause di dolore è affidata all’osservazione degli operatori: spesso un’agitazione improvvisa o un comportamento insolito possono rappresentare la modalità con cui il paziente cerca di comunicare la propria sofferenza. Rimane estremamente difficile in questi pazienti misurare l’intensità del dolore. Per questa ragione è indispensabile utilizzare strumenti standardizzati elaborati con l’apposito scopo di fornire una valutazione sistematica, riproducibile e quanto più affidabile del dolore anche nel soggetto con demenza severa. Tra gli strumenti più affidabili la Doloplus 2 (Lefebvre-Chapiro S, Eur J Pall Care 2001), la Pain Assessment in Advanced Dementia (PAINAD) (Warden V et al., J Am Med Dir Assoc 2003) e la Non Communicative Patien’s Pain Assessment Instrument (NOPPAIN) (Snow AL et al., Dement Geriatr Cogn Disord 2004).
La Dolplus 2 è composta da 10 items suddivisi in 3 domini: 1. reazioni somatiche; 2. reazioni psicomotorie; 3. reazioni psicosociali. È disponibile una versione validata in italiano (Paoletti F et al, L’infermiere 2013).
La PAINAD ha trovato un’ampia diffusione ed è disponibile una versione validata in italiano (Costardi D et al., Arch Gerontol Geriatr 2007), è composta da 5 items: 1. respiro (indipendente dalla vocalizzazione); 2. vocalizzazione; 3. espressione facciale; 4. linguaggio del corpo: 5. consolabilità.
La NOPPAIN (Snow AL et al., Dement Geriatr Cogn Disord 2004) è uno strumento che valuta la presenza ed intensità delle manifestazioni comportamentali di dolore nel paziente non comunicante, ed è indicato principalmente per la valutazione iniziale del dolore. È disponibile una versione in italiano (Ferrari R et al., Aging Clin Exp Res 2009). Vengono valutate tre aree comportamentali attraverso apposite schede: 1. Scheda di controllo delle attività (un elenco di 9 attività assistenziali svolte con il paziente); 2. Comportamento (6 comportamenti che esprimono dolore); 3. Intensità del dolore (scala numerica da 0 (dolore assente) a 10 (dolore peggiore possibile).
L’applicazione corretta degli strumenti di valutazione osservazionali richiede una formazione specifica, che comprenda anche esercitazioni pratiche. Studi documentano che operatori formati riportano punteggi più alti e verosimilmente più vicini al livello di dolore sperimentato dai loro pazienti rispetto ad operatori non formati (Bianchetti A e Zanetti E, L’Arco di Giano 2016).
CONCLUSIONI
Il dolore è uno dei problemi più frequenti dell’età avanzata, spesso sottostimato, sottovalutato e scarsamente riferito dall’anziano stesso, in quanto considerato un inevitabile fenomeno, intrinseco all’invecchiamento (Trabucchi M et al., Psicogeriatria 2012). Al dolore si associano ansia, insonnia, depressione, l’abbandono di attività importanti per il mantenimento delle funzioni cognitive e relazionali, con ritiro sociale e l’instaurarsi di un isolamento materiale e psicologico, la riduzione spesso della stessa autonomia. Il decadimento cognitivo rende più complesso per la persona il riconoscimento del dolore, il suo ricordo, la quantificazione precisa e riproducibile, la comunicazione spontanea e diretta; spesso la presenza di dolore è denunciata da segnali, come cambiamenti del comportamento e dell’espressione facciale, alterazioni neurovegetative, disturbi del sonno e dell’appetito, disturbi motori, vocalizzazioni (Bianchetti A e Trabucchi M, L’Arco di Giano 2015). L’interpretazione del “sintomo-segno” dolore nel soggetto anziano con decadimento cognitivo soffre di incertezze sul piano clinico, terapeutico ed anche di comprensione del significato stesso (quanto soffre davvero il paziente con demenza? quanto è consapevole? la demenza è un fattore protettivo o peggiorativo del dolore?); d’altra parte difficoltà vi sono anche nel comprendere i meccanismi patogenetici alla base delle varie forme di demenza e quindi non disponiamo delle informazioni che sarebbero necessarie per comprendere il rapporto con i meccanismi che inducono dolore (Bianchetti A e Trabucchi M, G Geront 2013). Sebbene nella demenza il destino della persona è il declino progressivo delle prestazioni cognitive, l’esperienza clinica ha dimostrato chiaramente che l’uso appropriato dei farmaci disponibili, la stimolazione cognitiva e funzionale adeguata attraverso interventi formali, la creazione di un ambiente relazionale adeguato alle esigenze della persona, l’attenzione alla problematiche somatiche sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia garantendo in alcuni casi lunghi periodi di apparente stabilità.
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